Bari Kismet – Fornelli

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Non è la prima volta che entro in un carcere per fare un workshop, ma è la prima volta nel carcere minorile Fornelli di Bari. Mi accoglie Lello Tedeschi, regista e curatore dei laboratori del teatro Kismet. I quattro ragazzi entrano un po’ mesti e noto subito che dietro una patina da uomini si mal celano i bambini che ancora sono. A partecipare al workshop sono due pugliesi, un calabrese ed un napoletano appena arrivato e particolarmente depresso. Non mi interessa il motivo per cui sono lì dentro, quello che mi interessa è condividere dei momenti intensi e piacevoli. Ho la mia infallibile arma, i miei strumenti folli, ed è così che comincio a scoprire le sfumature umane e caratteriali e a raccogliere la loro fiducia e complicità. Passiamo due giorni a preparare la performance e noto in loro qualità creative più che valide. Il calabrese per la paura è mancato il secondo giorno, ma non riesce a “tradirci” fino in fondo ed il terzo giorno è con noi. Il napoletano è invece un pesce fuor d’acqua, ma ha trovato in me un amico, un conterraneo che gli parla la stessa lingua…si è sentito quasi a casa e l’ho visto illuminarsi gradualmente. Uno dei due pugliesi è un duro, è silenzioso e imperscrutabile, mi dicono che ne ha fatte di pesanti. L’altro pugliese ha uno spirito artistico, è colto. Quando gli faccio vedere il video di ‘Un’altra Canzone d’Amore’ riconosce tutte le grandi personalità presenti..e allora penso….cosa ci fa qua dentro?!! La risposta me la dà involontariamente il calabrese quando dice: ”non è difficile finire dentro…fai una cazzata, magari involontariamente, trovi un giudice severo e finisci qui”.
Ed eccoci all’esibizione finale. Siamo dietro le quinte a provare i costumi in un crescendo di ilarità dettata dall’emozione. Non è cosa da poco, le dinamiche carcerarie sono estreme, le poche persone che sei costretto a vedere tutti i giorni sono tutto il tuo mondo. Facciamo il cerchio che noi Bungt facciamo sempre prima dei concerti. Li carico e carico anche me, perché nonostante tutto sono emozionato anche io. La sala è piena, ci sono spettatori esterni e tutti e venticinque i ragazzi del carcere. La performance si svolge senza intoppi, con scioltezza; ne è prova il fatto che alla fine tutti e venticinque sono sul palco a suonare con noi, con tanto entusiasmo, affetto e complicità. Uno dei due ragazzi pugliesi, il più artistico, prende la parola ed in maniera spontanea ringrazia il direttore del carcere e questo è un segno significativo che sta a dimostrare che certi ruoli di responsabilità se svolti con serietà ed umanità possono lasciare segni positivi.
Io me li abbraccio forte…non sopporto la mancanza di libertà, non accetto che qualcuno possa essere costretto dietro alle sbarre. Questi ragazzi sono la dimostrazione del fallimento della società e non delle loro anime. Ma non sarò io a risolvere questa contraddizione, io posso solo iniettare il mio virus e lasciare che si propaghi. Il giorno dopo suoniamo al Teatro Kismet, è sold out. Il teatro è pieno zeppo di persone…. libere?


 
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